Gli invisibili che nessuno vuole vedere
Tra poche ore sarà il 3 ottobre, e saranno passati 4 anni da quel giorno del 2013 in cui 368 persone hanno perso la vita in uno dei più grandi naufragi di questo secolo nel Mediterraneo. Anche in risposta a quella strage, a Roma era stato occupato da rifugiati politici – nella stragrande maggioranza – eritrei e somali e da richiedenti asilo – il palazzo di via Curtatone a piazza Indipendenza. Quello stesso palazzo che è stato sgomberato il 19 agosto scorso. Prima lo stabile, poi, due giorni dopo, la piazza dove i rifugiati si erano accampati. Hanno manifestato, hanno occupato piazza della Madonna di Loreto, poi sono stati dispersi di nuovo un’ultima volta. Separati, si sono sparpagliati per la città.
Il manifesto scriveva che “finché ha resistito in questa zona centrale della città, il palazzo dei rifugiati è stato la denuncia vivente del mancato rispetto della Convenzione di Ginevra”. La maggior parte degli ex occupanti sono persone legalmente residenti in Italia, “ma al riconoscimento del loro status non è seguita l’accoglienza in strutture che potevano garantire condizioni di vita dignitose. Biniam ne è la dimostrazione: è arrivato in Italia 10 anni fa dall’Eritrea ed è rifugiato. Ha lavorato, si è iscritto all’università. Poi ha perso il lavoro e la casa. Il problema degli abitanti di via Curtatone non si è risolto. E loro sono invisibili.
A giugno inoltrato, i blindati, dodici, più due caricati con gli idranti, sono arrivati anche a via di Vannina. Sempre all’alba. Moustapha viene dal Ghana. È in Italia dal 2013. Prima è stato in Senegal, poi in Libia, quindi in Sicilia. Moustapha racconta di aver perso un occhio a causa delle manganellate.
L’estate romana è proseguita con lo sgombero di via Quintavalle a Cinecittà. Gli occupanti dell’edificio – la chiamate “occupazione meticcia”, italiani, senegalesi, sudafricani insieme – si erano già visti staccare la luce un paio di settimane prima. Elisa è una di loro. Ora vivono a SS. Apostoli, in pieno centro, davanti alla Prefettura. Invisibili.
L’ultima storia, anche in ordine cronologico, è quella di Enrico. Il 30 agosto scorso, la discarica a cielo aperto che circonda l’edificio occupato dove vivete a via Costi è andata a fuoco. Voi abitanti – anche qui tutti insieme, italiani, nigeriani, rumeni – siete rientrati nel palazzo dopo due giorni, quando ancora forte era l’odore di bruciato. “Tutti i poveri sono uguali”, dice Enrico. Sono invisibili, ancora, anche loro.